Sono i nuovi “cyber mentors, i peer della rete e dicono no al cyberbullismo” (una sorta di controllori e divul­gatori di metodi positivi nella rete) i 30 studenti del liceo classico Gulli e Perniisi di Acireale.

Un progetto PON promosso dalla vi­cepreside prof.ssa Barbara Condorelli, volto a sviluppare una comunicazione pari­taria in un’ottica di cooperazione e so­lidarietà. A guidare il progetto la so­ciologa Maria Pia Fontina, figura di spessore che da anni si occupa di dif­fondere le norme comportamentali nella rete, in uno scambio attivo, co­struttivo e a scopo preventivo specie tra i giovani. In 30 ore, spalmate in due mesi, ha trasmesso ai ragazzi un gran­de bagaglio di conoscenze e nozioni che li aiuterà a riconoscere le insidie della rete.

La parola d’ordine è “prudenza” nel­la consapevolezza che l’utilizzo smo­dato dei social ha offuscato i veri valo­ri della vita, ed è il pensiero che ricorre più spesso tra i ragazzi «Un’esperien­za interessante - dice Gianluca Man­giagli - il cyberbullismo è una piaga di­lagante e come ci è stato illustrato comprende tante tipologie, io da oggi sarò più prudente».

«Un percorso formativo atto a crea­re piccoli cybermentors che possono aiutare i coetanei a superare situazio­ni difficili nella rete - racconta Sofia Sento - un percorso lungo e impegna­tivo anche a livello morale. Penso che la rete ci abbia confuso su quali sono i veri valori».

I ragazzi sono stati presi per mano e accompagnati in un percorso formati­vo non solo verso la conoscenza, ma, anche attraverso storie e video, a una presa di coscienza che ha permesso loro di riconoscere le varie tipologie di bullismo in rete. «Il flaming è come un fuoco che divampa - spiega Maria Pia Fontana - è l'espressione di uno stato di aggressività, mentre si interagisce con altri utenti di internet, fino ad ar­rivare al cyberbullismo vero e pro­prio. Lo scopo è fare prevenzione e più sono piccoli più è facile scardinare comportamenti errati».

«Siamo partiti da identità reali per arrivare a quelle virali e al cyberbulli­smo - racconta Giulia D’Aquino - un percorso che ci ha permesso di analiz­zare i casi specie quelli che sono sfo­ciati nel suicidio, ho imparato tanto e presto faro uno spot cinematografico per Michele Ruffino, morto suicida a causa del cyberbullismo».

I ragazzi hanno creato due account "peer education" uno su Instagram e uno su Facebook attuando cosi la stra­tegia educativa volta ad attivare un processo naturale di passaggio di co­noscenze, emozioni ed esperienze da parte dei membri del gruppo ad altri membri con cui interagiranno. «Mi sento un peer education - dice Rosetta Finocchiaro - ho imparato che la rete può avere molti pregi ma anche tanti lati oscuri».       

Soddisfatto il reggente del liceo, prof. Riccardo Biasco «Siamo abituati a fare cultura della sicurezza, partiamo dal­la conoscenza del territorio per preve­nire i rischi e tra questi quelli informa­tici, i ragazzi spesso incappano in que­sti trapelli o come vittime ma anche come carnefici, tentiamo di diminuire il rischio».

di Angela Seminara dal giornale "La Sicilia"

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